Intervista di un’Aquila all’ultima Aquila Randagia
Intervista di un’Aquila all’ultima Aquila Randagia

Intervista di un’Aquila all’ultima Aquila Randagia

Mi sono recentemente imbattuta nel docufilm realizzato da Rai Storia “Aquile Randagie”. Sono rimasta molto colpita dal coraggio che hanno avuto questi scout nell’andare contro le leggi dettate dal Fascismo e continuare nella loro passione, lo scoutismo, in clandestinità. Grazie alla loro opera hanno salvato migliaia di vite umane mettendo a rischio la loro; molti sono morti, con onore, pochi sono sopravvissuti fino ai tempi nostri e uno di questi è Don Giovanni Barbareschi.

Don Giovanni Barbareschi, nato nel 1922, scout e sacerdote, attivo nelle brigate partigiane, partecipa a questa associazione scoutistica ribelle, diventando un personaggio fondamentale. Ha un ruolo attivo nel falsificare i passaporti degli ebrei in modo da farli scappare in Svizzera. Si calcola cha ha salvato 3mila persone

Quando ho scoperto che era ancora vivo, ho iniziato a fare ricerca su di lui per poterlo intervistare per avere un confronto sui tempi nostri e sui suoi tempi difficili in cui aveva vissuto. Sono riuscita a raggiungerlo e intervistarlo nonostante la sua fragile salute.

PDF: Che cosa è per Lei lo scautismo?

Don Giovanni: Un modo di essere e di vivere. Mi sono sempre definito uno scout diventato prete e non un prete scout: ho fatto la mia promessa il 27 dicembre 1943, ultima Aquila Randagia, e sono stato ordinato sacerdote il 13 agosto 1944.

 

PDF: In questo mondo diverso da Baden Powel e di Don Minzoni,perchè secondo Lei lo scautismo rimane una proposta moderna?

Don Giovanni: Si, certamente perché si rivolge ai ragazzi sottolineando il concetto di “servire” (solidarietà, occuparsi dei più deboli) e il rapporto con la natura (ecologia, enciclica di Papa Francesco, cura e preoccupazione verso il mondo in cui viviamo, come suggeriva Baden Powell : “preoccuparsi di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.

PDF: Che cosa vuol dire per Lei essere scout oggi verso l’epoca in cui ha vissuto e quali sono,secondo Lei, le maggiori differenze tra gli scout di oggi e di ieri

Don Giovanni: Vuol dire essere fedeli alla lealtà ad ogni costo e in ogni situazione, nelle parole e nei fatti, senza compromessi o verità accettate a metà.

Ieri: più “inquadrati”, più facile immaginare e costruire il proprio futuro (lavoro…).

Oggi: nel generico lasciarsi vivere, avere una meta precisa verso la quale tendere; disporre di immense possibilità tecniche (internet…) da conoscere e da usare con spirito critico, sempre tenendo presente la meta verso la quale si vuole tendere.

PDF: Lei ha messo in salvo migliaia di persone,mettendo a repentaglio la sua vita,se ha voglia mi racconterebbe una vicende che Le è rimasta nel cuore

Don Giovanni: Ero prigioniero nel carcere di San Vittore, a Milano. Quel giorno ero stato portato dal caporale Franz per un interrogatorio. Ad un certo momento entra il superiore del caporale Franz, il maresciallo Koch, e il caporale si alza in piedi. Io no. E allora un forte colpo di scudiscio sul collo: “Quando entra un superiore ci si deve alzare in piedi.” Dopo poco il cane lupo del caporale Franz spinge la porta ed entra. Allora io subito mi alzo in piedi. E il caporale Franz: “No, per cane lupo, no in piedi!” Non aveva capito che lo stavo prendendo in giro!!!…

PDF: il suo messaggio per gli scout del ventunesimo secolo

Don Giovanni: Avere prima di tutto una grande fede nella propria capacità di diventare una persona libera, malgrado i numerosi e pericolosi condizionamenti. Ricordare che non ci sono liberatori, ma solo persone che, costruendo ogni giorno la propria libertà, si liberano

 

Padre Barbareschi

 

All the love XX PDF